lunedì 18 agosto 2008

Obrist da urlo: domani la finale! Grenot ancora record, Licciardello quasi

Christian Obrist in una finale olimpica nei 1500 metri. Sì, Pechino ha saputo regalare anche questo e domani nel pomeriggio italiano il ventottenne di Bressanone si regalerà un sogno ancora più grande di quello di partecipare alle Olimpiadi, quello di essere al via di una finale nei 1500 metri. Un sogno che tiene inchiodato al cuscino il carabiniere allievo di Ruggero Grassi sin dal cuore della domenica cinese, quando con una condotta di gara assolutamente accorta ed intelligente ha centrato la qualificazione diretta al turno decisivo. Cosa che per un italiano non accadeva da una ventina di anni abbondante. Insomma, mica roba da tutti i giorni. E alzi la mano chi avrebbe solo potuto immaginare una così positiva trasferta per Obi. Anzi, di più, per l'intero settore del mezzofondo (Romagnolo record e nona nelle siepi, Cusma ormai prossima alle top, a proposito di 800...ma siamo sicuri che la Jelimo sia normale? Sembra un fenomeno...) che ha sicuramente passato l'esame, ancor prima della discesa in pista di Silvia Weissteiner che domani, un paio di ore prima del compagno di allenamenti, cercherà nello stadio pechinese il visto d'accesso alla finale dei 5000 metri. Una finale difficile, quasi impossibile. Ma lo si diceva anche per Obrist, che invece sussurra: "Certamente sento un po`la stanchezza, ma non penso che gli altri finalisti si siano risparmiati nelle gare precedenti. Potrei accontentarmi del 12esimo posto, ma voglio dare il massimo e cercare di lasciarmi alle spalle uno o l'altro. Voglio divertirmi di nuovo in questa atmosfera unica".

Mezzofondo azzurro in auge, quindi. Pur senza acuti particolarmente eclatanti, ma viste le premesse e le ultime esperienze è sicuramente un passo avanti, così come lo è per i quattrocentisti: dopo il doppio record di Libania Grenot (in semifinale ha staccato un 50"83 che migliora di pochi centesimi quanto fatto il giorno prima) è arrivato il quasi record di Claudio Licciardello in campo maschile, 45"25 ad un niente dal primato di Barberi per accedere al secondo turno del giro di pista. Un miglioramento importante per una promozione preziosa come quella di Clarissa Claretti, una che ha già dimostrato di non sapere cosa sia la tensione negli appuntamenti importanti: 71,62 per il suo martello e arrivederci in finale. Obiettivo raggiunto anche da Filippo Campioli, unico dei tre saltatori in alto azzurri capaci di entrare tra i migliori 12 della qualificazione. Uno spento Talotti si è fermato a 2,20; un discreto Bettinelli ha saltato lo stesso 2,25 dell'emiliano, ma commettendo un errore in più, rivelatosi poi fatale. E fatale è stata anche la qualificazione del triplo per Fabrizio Donato cui non è riuscito l'arrembaggio ai 17,10 metri necessari per il passaggio del turno in un concorso che, come già al femminile, si manifesta in grande spolvero pur nell'assenza (si spera non definitiva) di Christian Olsson.

Questo per quanto riguarda la parentesi azzurra. Il resto ha regalato record mondiali a gogo, dopo l'apertura riservata a Usain Bolt (ah...sua maestà Michael Johnson ha detto che il giamaicano abbatterà a breve anche il suo glorioso 19"32: la domanda ora è quando) è arrivato il primo sub 9 nei 3000 siepi femminili, grazie alla già primatista Gulkina autrice di una prova di grande autorità chiusa in piena spinta in 8'58"81, è arrivato l'ennesimo record di Yelena Isimbayeva che nell'attenzione generale del Bird's Nest Stadium ha aggiunto un altro centimetro alla sua collezione di perle, ora arrivata a 5,05; è arrivato il primato mondiale juniores degli 800 metri a firma del fenomeno Pamela Jelimo, sempre più costante su tempi da capogiro: 1'54"87. E se a soli 18 anni e una manciata di mesi questa keniana è fissa attorno all'1'55, siamo proprio sicuri che il record impossibile della Kratochvila (1'53"28 del 1983) sia davvero così impossibile? Si vedrà...

La maratona ha regalato la cavalcata della rumena Costantina Tomescu Dita, ma più di tutte merita gli applausi e l'ovazione dello stadio la generosissima Paula Radcliffe, capace di chiudere la prova incurante dei lancinanti dolori che giungevano dal femore già infortunato negli scorsi mesi e dagli inevitabili crampi che hanno accompagnato l'ultimo quarto della sua fatica letteralmente olimpica. Ha un brutto rapporto, l'inglese, con le Olimpiadi: chissà che tra 4 anni l'aria di casa non possa portargli in dote quell'alloro che senz'altro merita.
Ah, si è rivista in pista anche la folgore, al secolo Usain Bolt. Lui continua a scherzare, piazzando tempi di interesse con la facilità con cui si scarica un due di coppe quando la briscola è denari. Gli altri per stare al suo passo faticano come muli cercando di apparire sereni e decontratti. Vabbè, domani sera nella finale dei 200 assisteremo ancora a due gare diverse. Meglio così, sia chiaro.
Un triplo femminile da favola (15 metri non sufficienti per il podio...chapeau), ostacoli crudeli per l'attesissimo padrone di casa Liu e per la dolce svedesima Susanna Kallur ma dolcissimi per la statunitense Lolo Jones che in attesa della finale ha piazzato un sontuoso 12"43 mentre sul campo scendeva Kenenisa Bekele per ricevere la medaglia d'oro guadagnata la sera precedente al termine di un 10.000 chiuso con un giro da 53" dopo le immancabili beghe tra etiopi, keniani e l'eritreo di turno.
Ma in fondo c'è stata una gara che ha deluso un po'. Sì, il lungo maschile, con un Saladino tutt'altro che crudele e cattivo pronto a fare il compitino e poco più. E l'amarezza per l'andamento e l'irrazionalità della stagione di Howe oggi è ancora più forte.

Ma non pensiamoci, va. Guardiamo invece che succede alla Beijing Sport University. Martina Giovanetti continua imperterrita la sua personalissima caccia al tesoro, vale a dire un qualsiasi ricordo del suo idolo sportivo Allyson Felix. La vicinanza con le big americane non fa che aumentare il suo senso di ammirazione nei confronti delle sprinter a stelle e strisce di nuova generazione, quelle che ai muscoli preferiscono la leggerezza e l'eleganza ("Credo che Muna Lee sia più magra di me, se è possibile..." dice la giovane forestale) in attesa di conoscere la sorte che lo staff tecnico le riserverà nei prossimi giorni. La speranza di entrare nel quartetto titolare è sempre forte, così come la tensione che sale giorno dopo giorno.

Ma per fortuna a tranquillizzarla c'è lo spirito olimpico, l'atmosfera di un evento globale da vivere a soli 21 anni. Ma poi viene da pensare ad una cosa... ma se nel primo turno della 4x100 Italia e Usa dovessero correre insieme, vi immaginate una giovane in maglia azzurra andare a chiedere autografo e foto ricordo ad una pantera americana che sta posizionando i blocchi al via?

Non ci sono dubbi, sarebbe la scena dell'Olimpiade. Altro che Phelps e ThunderBolt!

Nelle foto in basso... prove di quartetto? Giulia Arcioni, Manuela Grillo, Audrey Alloh e Martina Giovanetti al decollo. No, forse manca qualcuna...
Quindi Martina in compagnia di uno che di Olimpiadi se ne intende...

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